Minibreak, weekend lampo o city‑trip in poche ore: una volta low cost, oggi spesso risultano costosi e meno vantaggiosi.
Negli ultimi anni, pianificare un viaggio di poche ore o un fine settimana all’estero è diventato un’abitudine diffusa. Lo chiamano mordi e fuggi: un giorno di ferie o un weekend per staccare dalla routine, magari con un volo low‑cost che sembra un affare. Eppure, ciò che appariva una scorciatoia economica non lo è più. Le tariffe, i costi accessori e le condizioni attuali mostrano che queste fughe brevi sono diventate meno convenienti di prima. Una recente analisi evidenzia che non basta più contare solo sul prezzo del biglietto: è tutta la logistica e il tempo investito che aumentano il costo reale dell’esperienza.
Perché i “viaggi in 24 ore” hanno perso passo
Negli anni scorsi le compagnie aeree low‑cost hanno messo in vetrina voli a prezzi bassissimi, consentendo agli utenti di organizzare una breve fuga per pochi euro. Il concetto era semplice: partire la mattina, tornare la sera, senza usare giorni di ferie e senza spendere troppo. Ma oggi quel modello mostra il fianco. Il mercato ha reagito. Le tariffe standard si sono alzate, i costi accessori aumentati e le condizioni meno favorevoli. In Italia un viaggio di andata e ritorno in poco più di 24 ore può arrivare a costare oltre 200 euro a persona, cifra che fino a pochi anni fa avrebbe garantito una permanenza ben più lunga.

Alla base del cambiamento ci sono diversi fattori. Il primo è l’aumento delle richieste e la maggiore consapevolezza delle compagnie: quelle stesse “fughe dell’ultimo minuto” sono diventate un segmento redditizio da gestire. Il secondo riguarda la componente tempo: in un viaggio così breve, la parte operativa (trasferimenti, attese, check-in, spostamenti) assorbe una quota rilevante, riducendo il valore effettivo del soggiorno. Il terzo elemento è culturale: quando un’esperienza è compressa in poche ore, l’impatto turistico si riduce e la convenienza cala.
Un’ulteriore riflessione riguarda la sostenibilità e la qualità: i cosiddetti “viaggi in 24 h” possono risultare superficiali, più orientati all’immagine sui social che alla scoperta autentica. Visitare una città in poche ore può essere più un’istantanea che un’esperienza. Se una volta bastava un biglietto a 15‑20 euro per fare un salto veloce dall’altra parte dell’Europa, oggi non si tratta più solo della tariffa: bisogna considerare l’impegno logistico, il tempo perso e la qualità ridotta del soggiorno.
Quali alternative considerare se vuoi viaggiare meglio
Dato il contesto, cosa può fare chi vuole ancora un soggiorno breve ma senza sorprese economiche o strategiche? Prima di tutto, è utile allargare la finestra temporale: un weekend completo con una notte o due può dare più ritorno rispetto a un salto di poche ore. Le tendenze recenti suggeriscono che le rotte lunghe, con qualche giorno in più, stanno riscuotendo maggiore interesse rispetto all’hype dei mini‑break.
In secondo luogo, valutare il costo totale: biglietto aereo, trasferimenti, alloggio, pasti, soste. Talvolta un pacchetto di due o tre giorni nella stessa fascia di prezzo offre più valore, riflettendo una progettazione più sensata. In terzo luogo, occorre definire l’obiettivo del viaggio: se lo scopo è davvero cambiare ambiente, respirare, esplorare, allora il tempo conta. Per una visita lampo solo “per dire che ci sono stato”, il ritorno economico e esperienziale può essere scarso.
Il travel blogger su TikTok @robonthebeach ha riassunto bene la situazione affermando: “Le gite estreme di un giorno sono morte”. L’interesse si è spostato verso viaggi più equilibrati, in cui la qualità del tempo passato ha un peso maggiore rispetto al semplice “esserci”.
Infine, monitorare le offerte resta utile: in alcuni casi si trovano tariffe ancora molto basse, ma occorre essere flessibili su date, aeroporti e orari. Il panorama del viaggio breve è cambiato. Non è più sinonimo automatico di risparmio. Occorre guardare con attenzione ai costi reali, al tempo investito e alla qualità dell’esperienza.
