Un browser che naviga al posto dell’utente promette di rendere le ricerche più facili, ma una recente analisi solleva dubbi seri sul modo in cui lo fa. Chi apre Atlas si aspetta una versione evoluta di ChatGPT che legge il web come farebbe una persona; invece, secondo il report, l’agente del browser sembra decidere da sĆ© cosa leggere e cosa ignorare. L’accusa principale ĆØ selezione mirata delle fonti, un comportamento che sposta il problema dalla tecnologia alla governance del contenuto.
Come Atlas filtra le fonti
Il cuore della critica arriva dalle pagine del Tow Center for Digital Journalism della Columbia University, che ha esaminato come l’agente di Atlas interagisca con pagine di notizie. Secondo l’analisi, il browser evita di consultare direttamente articoli pubblicati da testate che hanno intentato cause legali contro OpenAI. Tra i nomi citati ci sono PCMag e il New York Times, ma il punto ĆØ la modalitĆ : invece di aprire la fonte originale, l’agente ricostruisce il contenuto attingendo a pezzi sullo stesso tema pubblicati da testate che invece hanno accordi di licenza con l’azienda. Questo produce un resoconto indiretto, basato su citazioni, ripubblicazioni e persino thread social, una forma di āreverse engineeringā del materiale non consultabile.

Il risultato pratico ĆØ semplice da capire: il sommario che l’utente riceve non deriva dalla fonte originale ma da una catena di mediazioni. Un dettaglio che molti sottovalutano ĆØ la perdita di contesto: come nel classico gioco del telefono senza fili, parti del contenuto rischiano di perdersi o di essere riformulate in modo impreciso. I tecnici del settore notano che questa strategia consente al sistema di fornire risposte apparentemente esaustive senza affrontare direttamente le rivendicazioni legali o i limiti imposti dalle testate.
Paywall, limiti tecnici e implicazioni legali
Il report del centro di ricerca non si ferma alla selezione delle testate: mette in luce anche la capacitĆ degli agenti di superare o aggirare i paywall. In più di un caso, l’agente di Atlas e quello di Comet ā integrato da altri fornitori ā sono riusciti a leggere e riassumere articoli coperti da abbonamento quando le interfacce standard come ChatGPT o il servizio diretto di Perplexity dichiaravano di non poter accedere. Un episodio segnalato riguarda un pezzo riservato agli abbonati di MIT Technology Review lungo diverse migliaia di parole che i browser hanno recuperato per intero, nonostante il paywall.
La differenza tecnica ĆØ nella modalitĆ di navigazione: questi agenti si comportano sul web in modo più simile a un utente umano che a un crawler tradizionale, sfruttando interazioni dinamiche e ricostruzioni indirette. Un fenomeno che in molti notano solo adesso ĆØ che le difese classiche ā blocchi ai crawler e paywall modali ā non sono più sufficienti a garantire che i contenuti non vengano consultati e riutilizzati senza consenso. Sul piano legale, questo cambia il perimetro delle responsabilitĆ : non ĆØ solo questione di accesso tecnico ma di come vengono ricostruite e pubblicate informazioni protette.
La conseguenza concreta ĆØ pratica: editori e piattaforme dovranno ridefinire misure di protezione e politiche commerciali, mentre i legislatori potrebbero essere chiamati a chiarire regole su accesso e riuso. Un aspetto che sfugge a chi vive in cittĆ ĆØ che la fiducia nel rapporto tra lettore, editore e piattaforma rischia di incrinarsi se il contenuto originario viene sostituito da ricostruzioni indirette. Per molti operatori dell’informazione, il prossimo passo sarĆ rafforzare i controlli tecnici e chiedere tutele legali che mettano limiti più chiari a questi agenti di navigazione.
